Perché Google mostra risultati diversi a ognuno e come fare SEO nell’era dell’AI

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Ti è mai capitato di cercare la stessa cosa su Google insieme a un amico, un collaboratore (io lo sto facendo con Martina) e di notare che Google mostra risultati diversi?

Google mostra risultati diversi anche a te?

Non è magia né caos: Google mostra i risultati diversi solo perché personalizza i risultati in base a vari fattori legati a chi sei e dove ti trovi.

Allo stesso tempo è onesto, anzi spontaneo direi chiedersi: “Ha ancora senso fare SEO se tanto Google mostra a ognuno risultati diversi?”

E con l’avvento di Gemini e di altri motori di risposta basati sull’AI, il gioco della visibilità online sembra ancora più complesso. In questo post vediamo in modo tecnico ma chiaro perché Google varia i risultati per persona (con esempi concreti), perché la SEO conta ancora nonostante questa personalizzazione, come la SEO sta cambiando nell’era dell’AI e cosa puoi fare per farti notare anche dalle intelligenze artificiali.

Risultati di ricerca personalizzati: perché Google cambia da persona a persona 🔍

Google vuole fornire a ciascun utente i risultati più utili e pertinenti (lo fa pure Meta). Per farlo, il motore di ricerca può personalizzare la SERP (la pagina dei risultati insomma, quella che vedi dopo aver cercato qualcosa) in base a diversi criteri:

  • Attività e interessi dell’utente: Se navighi con un account Google, il motore “impara” dai tuoi comportamenti. Ad esempio, analizza su quali risultati clicchi, quali video guardi su YouTube, i luoghi che cerchi su Maps, ecc. Tutti questi dati aiutano Google a capire quali argomenti ti interessano di più e a ritagliare di conseguenza i risultati. In parole semplici, Google cerca di mostrarti ciò che probabilmente troverai più utile.
  • Posizione geografica: La località da cui fai la ricerca influenza pesantemente i risultati. Se cerchi “ristorante giapponese” 🍣 a Bologna, vedrai una mappa con locali di Bologna; il tuo amico a Roma otterrà invece ristoranti giapponesi di Roma. Google capisce quando una query ha un’intenzione locale e personalizza i risultati in base a dove ti trovi (usando l’IP, la posizione GPS del telefono. Quando vai in basso a sinistra se vedi c’è sempre l’indicazione di dove sei ). Questo vale anche per ricerche come “meteo” o “negozio di elettronica”: i risultati sono diversi a Milano rispetto a Napoli, perché sono tarati sulla località di chi cerca.
  • Lingua e impostazioni personali: I risultati possono cambiare in base alla lingua preferita o ad altre impostazioni del tuo account. Ad esempio, chi imposta Google in italiano vedrà probabilmente più risultati in italiano; chi lo usa in inglese vedrà più contenuti in inglese. Anche dispositivi diversi (telefono vs computer) o il fatto di essere loggati o in incognito possono portare a piccole variazioni. Google stesso ci ricorda che “i risultati di Ricerca possono variare da una persona all’altra” anche solo per differenze di lingua o zona (Qui se vuoi trivi pure una pagina dalla documentazione di Google Support –> support.google.com).
  • Cronologia e clic precedenti: La personalizzazione a volte avviene nell’ordine dei risultati o nel tipo di contenuti mostrati. Ad esempio, se in passato hai cliccato spesso su risultati video, Google potrebbe mostrarti un carosello di video in cima alla pagina più spesso (perché sa che ti piacciono i contenuti video). Come spiega Google, un insieme di risultati video potrebbe apparire prima dei link tradizionali se la tua cronologia indica che preferisci i video (Sta scritto qui: support.google.com. Che poi sta scritto tutto nelal documentazione di Google…). Oppure, se sei un programmatore e cerchi “python”, Google potrebbe capire che probabilmente cerchi il linguaggio di programmazione Python e mostrarti in alto il sito ufficiale di Python o documentazione tecnica. Un altro utente appassionato di animali, digitando la stessa parola, potrebbe invece vedere tra i primi risultati informazioni sul pitone 🐍 (il serpente), o magari la pagina Wikipedia del genere di serpenti. In breve, Google tiene conto del contesto individuale per decidere cosa mostrare prima. Per questo motivo quando scrivi qualcosa o ti fai aiutare delle AI a scrivere ricordati sempre di specificare il contesto preciso e trovo utile anche specificare per chi non è questo articolo cosi ti arriva più facilmente un traffico realmente interessato a te e non un traffico sporco di cui non te ne fai niente.

Esempi concreti: Immagina Anna e Giulia che cercano “fisioterapista per mal di schiena” nello stesso momento. Anna vive a Bologna e ha già visitato siti che parlano di terapie manuali, mentre Giulia è a Firenze e ha cercato più volte trattamenti osteopatici. Anche se digitano la stessa frase, Google mostra risultati diversi: ad Anna appariranno in alto studi specializzati vicini a Bologna con servizi di fisioterapia tradizionale, mentre Giulia vedrà professionisti a Firenze che offrono anche approcci osteopatici. In più, se Giulia ha cliccato spesso su articoli relativi al benessere o ha visto video di yoga su YouTube, è possibile che Google le suggerisca anche contenuti affini. In tutti questi casi, Google mostra risultati diversi perché usa segnali personali per riordinare o filtrare leggermente la lista dei risultati, cercando di prevedere con precisione ciò che ti interessa davvero.

Va detto che non tutte le ricerche vengono personalizzate pesantemente. Per molte query molto specifiche o tecniche, tutti vedranno quasi gli stessi risultati (a parte le differenze geografiche). Inoltre Google sostiene che la personalizzazione non stravolge completamente il ranking base: se disattivi la ricerca personalizzata o apri una finestra in incognito, i risultati che ottieni spesso sono simili a quelli personalizzati, a meno che tu non abbia interessi davvero particolari. In altri termini, Google parte sempre da un ranking “generale” dei siti più rilevanti per la query e solo in un secondo momento applica eventuali ritocchi per adattarli all’utente. Potresti persino trovare in fondo alla pagina un link “Prova senza risultati personalizzati”: cliccandolo puoi confrontare la SERP normale con quella unpersonalized. Spesso le differenze sono minime, segno che la base del posizionamento resta uguale per tutti.

Google personalizza i risultati per migliorare l’esperienza di ciascuno. Fattori come cronologia, interessi, posizione e preferenze incidono su quali risultati vediamo e in che ordine. Questo spiega perché la stessa ricerca fatta da persone diverse (o dallo stesso utente in contesti diversi) può dare liste di risultati non identiche.

Adesso rispondiamo alla domanda che ha torturato le anime di ogni imprenditore e Marketer. Non prendiamoci per il culo è così!

Perché fare SEO ha ancora senso (anche con risultati personalizzati)

A questo punto potresti pensare: “Se Google mostra a ogni persona risultati diversi, che senso ha ottimizzare il mio sito? Tanto ogni utente vedrà cose differenti…” 😕 Eppure fare SEO è ancora fondamentale.

Ecco perché:

1. I fondamentali valgono per tutti: La personalizzazione interviene solo dopo che Google ha stilato una classifica generale dei risultati più pertinenti. Se il tuo sito non compare affatto tra i risultati “generici”, non comparirà di certo in quelli personalizzati. Prima di tutto devi essere rilevante in senso assoluto. La SEO serve proprio a questo: far capire a Google che la tua pagina è autorevole e pertinente per certe ricerche, così da meritare visibilità. In altre parole, la personalizzazione non sostituisce l’algoritmo di ranking, lo affina soltanto. Google stesso sottolinea che molti risultati non vengono alterati dalla personalizzazione e che i risultati senza personalizzazione spesso sono molto simili a quelli personalizzati. Quindi, se conquisti la prima pagina per una certa parola chiave grazie alla SEO, hai buone probabilità di apparire lì per la maggior parte degli utenti, al di là delle lievi variazioni individuali.

Ah! voglio ricordarti che il browser più usato al mondo è Google Chrome!! 😎

2. Raggiungi il tuo pubblico “ideale”: La personalizzazione può diventare un vantaggio se sei ben posizionato nel tuo segmento. Google cerca di mostrare ad ogni utente ciò che gli interessa: questo significa che se hai ottimizzato il tuo sito per un certo argomento o un certo target, gli utenti appassionati di quel tema ti vedranno con più facilità. Ad esempio, se hai un blog di nicchia sulla programmazione Python e hai fatto un buon lavoro SEO, un utente che spesso cerca contenuti tech vedrà i tuoi articoli salire di posizione nelle sue ricerche relative a Python. Oppure, se hai un negozio locale ben ottimizzato per “ristorante giapponese a Bologna”, la personalizzazione farà sì che soprattutto chi è a Bologna e ama la cucina giapponese trovi il tuo ristorante più in alto. In pratica, la SEO ti mette nelle condizioni di essere preso in considerazione dall’algoritmo; la personalizzazione poi farà da match-maker tra il tuo sito e le persone più interessate a ciò che offri. È un po’ come il lavoro del sarto: la SEO confeziona un vestito su misura per Google (ti posiziona bene in generale), e la personalizzazione è l’ultima rifinitura che adatta quel vestito sul singolo utente.

3. La SEO è ovunque ci sia ricerca: Non dimentichiamo che Google personalizzato o meno resta uno strumento usato da miliardi di persone. Fare SEO significa migliorare la visibilità del tuo sito su tutti i fronti: risultati organici standard, risultati local (Google Maps/Local Pack), immagini, video su YouTube (anche quello è un motore di ricerca!), etc. Personalizzazione o no, se il tuo sito è ottimizzato avrà più chance di comparire in tutti questi contesti. Inoltre, c’è sempre una buona fetta di utenti che ricerca senza essere loggata, o che cancella la cronologia, oppure semplicemente fa ricerche così specifiche che Google non applica personalizzazioni. In tutti questi casi, vince chi ha fatto la migliore SEO a livello generale.

4. Adattabilità e qualità premiano sempre: Gli algoritmi di Google cambiano spesso, ma una cosa rimane costante: Google vuole contenuti utili e di qualità per l’utente finale. Ottimizzare SEO non è “truccare” i risultati, è allineare il tuo contenuto a ciò che gli utenti cercano (intent) e a come l’algoritmo valuta la pertinenza. Finché ci saranno persone che cercano informazioni o prodotti, ci sarà bisogno di rendere i propri contenuti visibili e appetibili. La SEO fatta bene ti costringe anche a migliorare il sito (velocità, struttura, testi chiari) e questo giova comunque all’utente, personalizzazione o no.

5. Dati e strategia: Se temi che la personalizzazione renda “impossibile” capire le posizioni, sappi che gli strumenti di analisi SEO (Search Console, strumenti di rank tracking, ecc.) spesso tengono conto della posizione media sui vari utenti. Inoltre, puoi vedere metriche come click-through rate e traffico organico complessivo: se questi crescono, significa che stai guadagnando visibilità al di là delle differenze individuali. Concentrati su indicatori concreti (traffico, conversioni) più che sull’ossessione di “sono primo per tutti?”. L’obiettivo finale non è la posizione assoluta, ma portare utenti qualificati sul tuo sito – e la SEO serve proprio a massimizzare questi risultati.

In sintesi, fare SEO ha ancora un enorme senso, anche se Google mostra risultati diversi, perché la personalizzazione di Google non elimina l’importanza di essere ben posizionati, anzi rende ancora più importante creare contenuti di qualità mirati a un certo pubblico. Se il tuo sito è ottimizzato, partirà avvantaggiato per tutti gli utenti; se inoltre risponde esattamente alle esigenze di una nicchia, Google lo farà emergere verso quegli utenti grazie alla personalizzazione. Non a caso, gli esperti consigliano di non smettere gli sforzi SEO: i risultati in top 10 rimangono la base della visibilità, personalizzata o meno. Insomma, la SEO è tutt’altro che morta – è semplicemente più mirata.

SEO nell’era dell’AI: cosa cambia con ChatGPT, Gemini e compagnia cantante 🤖

Oltre alla personalizzazione, oggi c’è un’altra rivoluzione in corso: l’era dell’AI generativa.

Strumenti come ChatGPT di OpenAI, Microsoft Copilot o il futuro Google Gemini stanno cambiando il modo in cui le persone cercano informazioni. Si parla sempre di più di utenti che fanno domande direttamente a un’AI invece che cercare su Google, oppure di motori di ricerca che integrano risposte generative direttamente nella SERP (come le AI Overview nei test di Google o le risposte con Bing Chat). Cosa significa tutto questo per la SEO?

1. I “motori di risposta” estraggono dai risultati classici: un fatto cruciale da capire è che quando un’AI come ChatGPT o la ricerca con AI di Bing risponde a una domanda, sta attingendo a contenuti web esistenti. Spesso queste AI cercano su Google o Bing e leggono i risultati top per costruire una risposta (e ho trovato anche risposte di cacca…). Secondo studi recenti di Search Engine Journal (un sito che seguo da anni specializzato sui motori di ricerca) è chiaro che in un’analisi su 25.000 ricerche ha trovato che i siti posizionati #1 su Google compaiono nelle risposte delle AI nel 25% dei casi. Ti linko la fonte di questo studio se volessi approfondire pure tu searchenginejournal.com. In pratica, le pagine meglio classificate su Google hanno molte più probabilità di essere “lette” e citate dall’intelligenza artificiale pure Vocale tipo Alexa e Google home. Non solo: documenti emersi da Google indicano che i sistemi AI interni selezionano i “migliori documenti” per una ricerca dando preferenza alle pagine con ranking più alto. Quindi, anche nell’era delle risposte automatiche, la tua posizione organica su Google resta fondamentale per essere incluso nelle risposte AI.

2. Nasce la AEO – Answer Engine Optimization: Proprio perché le AI pescano dai risultati dei motori di ricerca (o dai loro indici), si sta diffondendo tra gli addetti ai lavori il concetto di AEO (Answer Engine Optimization). In parole semplici, è la SEO adattata ai motori di risposta AI. Però secondo me è una supercazzola da tecnici, detto come la devo dire.

3. La cosa più inquietante secondo me è lavorare sul fattore “Dalle pagine migliori alle risposte migliori”: prima che esistessero le AI si diceva sempre: crea la pagina più completa e autorevole sull’argomento X per posizionarti bene. Ora sta emergendo un nuovo mantra: fornisci la migliore risposta specifica alla domanda dell’utente. Questo perché un’AI tende a estrarre solo il pezzetto di informazione che serve per rispondere in modo diretto e conciso. Come evidenziato sempre da Search Engine Journel “AI search wants the best answer” più che la pagina più approfondita su tutto il tema. Se qualcuno chiede all’AI “meglio iPhone 15 o Galaxy S23?”, l’AI non copierà un intero articolo comparativo di 2000 parole: cercherà due o tre frasi precise che diano un confronto chiaro. Ciò significa che anche se hai un articolo lungo e primo su Google, potresti non finire nella risposta AI se non hai al suo interno una sezione che risponde puntualmente a quella domanda. Questo significa che “Se qualcuno chiede la durata batteria di iPhone 15, tu puoi anche essere primo su Google con una guida sull’iPhone 15, ma l’AI ti ignorerà se dentro non trova proprio la risposta su quante ore dura la batteria”.

4. Meno click, più importanza alla fonte: Quando l’AI fornisce direttamente la risposta, l’utente potrebbe non cliccare affatto su un sito. Questo scenario di “zero-click” era già iniziato con i featured snippet e i knowledge panel di Google (quel riquadro che spesso veniva chiamato la posizione zero su Google), ma l’AI lo estende ancora di più. Tuttavia, spesso le AI (per correttezza e per evitare plagio) citano le fonti da cui hanno tratto le informazioni. Ad esempio, Bing Chat e la ricerca AI di Google mostrano link alle fonti accanto alla risposta sintetica…ergo la SEO È importante, avere un sito web diventa un’incredibile opportunità più che mai!! Quindi, se fai parte delle fonti citate, ottieni comunque visibilità e potenziali clic. È un nuovo tipo di concorrenza per la visibilità: magari non hai il clic diretto dalla SERP classica, ma vieni menzionato dall’AI. E come si fa a essere citati? Di nuovo, essendo tra i risultati migliori e più affidabili da cui l’AI attinge. Inoltre, avere un brand autorevole aiuta: se l’AI riconosce il tuo sito come fonte di qualità (magari perché hai ottimi backlink, menzioni, autorità nel settore), potrebbe preferire prendere info da te piuttosto che da un sito sconosciuto.

5. Cambia l’esperienza utente, non l’intento di fondo!!!!
Alla fine che ti piaccia no il principio è sempre quello: problema > soluzione!
È importante capire che, anche se gli utenti usano ChatGPT o strumenti simili, stanno pur sempre cercando informazioni o soluzioni a problemi, solo con un’interfaccia diversa. SOLO CON UN’INTERFACCIA DIVERSA! RIPETO SOLO CON UN’INTERFACCIA DIVERSA.
Le domande che pongono all’AI spesso sono le stesse (o simili) che avrebbero digitato su Google. Ad esempio, invece di cercare “miglior ristorante giapponese a Bologna”, qualcuno potrebbe chiedere a un AI: “Qual è un buon ristorante giapponese a Bologna per una cena romantica?”. L’intento (trovare un locale adatto) è lo stesso. L’AI elaborata risponderà magari con una piccola lista di ristoranti e motivazioni, cosa che Google avrebbe fatto mostrando link e recensioni. Per il proprietario di un ristorante o per un SEO che lavora per il ristorante, la missione non cambia: bisogna apparire in quella risposta, ovvero far sì che il nome del ristorante sia conosciuto e ben presente online (in siti di recensioni, Google Maps, etc.) in modo che l’AI lo consideri. Insomma, il contesto di ricerca si sta ampliando (dai motori classici alle chat AI), ma l’obiettivo rimane far trovare i propri contenuti o prodotti quando qualcuno esprime un bisogno relativo.

In breve, la SEO nell’era dell’AI richiede di adattare la strategia ai nuovi “intermediari” delle informazioni. I motori di risposta come ChatGPT o Google con AI cambiano la forma delle risposte (da elenco di link a risposta unica), ma sotto il cofano continuano a utilizzare i contenuti dei siti web per formulare quelle risposte. Questo significa che posizionarsi bene su Google e avere contenuti chiari e focalizzati conta ancora, anzi conta doppio. Chi temeva che “l’AI ucciderà la SEO o i siti web” dovrebbe ricredersi: i dati indicano che la SEO tradizionale rimane rilevante e incide fortemente su ciò che le AI mostrano. Quello che sta cambiando è il modo in cui dobbiamo ottimizzare i nostri contenuti per far sì che siano scelti dall’AI come la risposta migliore. Vediamo nell’ultima sezione alcuni consigli pratici proprio su questo.

Google mostra risultati diversi? Ecco come mi sto muovendo per fare SEO nel modo più proficuo.

Arriviamo alla parte pratica: cosa puoi fare in concreto per ottimizzare il tuo sito sia per i motori di ricerca classici che per i nuovi motori di risposta AI. Io ti dico cosa sto facendo per me stesso, per andrealeti.it e per tutti gli altri siti dei miei clienti. Fortunatamente, molte basi della SEO rimangono valide, ma ci sono anche nuove accortezze da considerare. Ecco le strategie chiave per una SEO efficace nell’era attuale:

1. Continua a curare la SEO “classica”: Non dar retta ai titoli sensazionali, la SEO non è morta affatto. Bisogna continuare a fare tutto ciò che funzionava: ricerca di parole chiave (cercando di capire le domande degli utenti), ottimizzazione on-page, contenuti di qualità, link autorevoli in entrata, miglioramenti tecnici (velocità, mobile-friendly). Raggiungere la Top 10 su Google rimane un obiettivo primario, perché come abbiamo visto influisce anche sulla visibilità verso le AI stesse. Non pensare nemmeno per un attimo di abbandonare le tue strategie SEO: sarebbero visitatori, contatti e soldi lasciati sul tavolo.

2. Fornisci risposte precise e focalizzate (esempio parrucchieri)
Analizza i contenuti che offri e chiediti: “Sto davvero rispondendo alle domande specifiche che i miei clienti fanno online?”
Se hai una pagina generica come “Tutti i nostri servizi di parrucchiere”, valuta di scomporla in contenuti verticali e mirati. Per esempio:

  • Invece di “Servizi colore”, crea una guida chiara tipo: “Come scegliere il colore di capelli giusto in base al tono della pelle”

  • Al posto di “Trattamenti liscianti”, pubblica un articolo come: “Cheratina o botox capillare? Ecco quale scegliere per capelli crespi”

  • Se offri taglio uomo, vai diretto con: “Taglio sfumato uomo a Milano: cosa chiedere per non sbagliare”

Anche se Google mostra risultati diversi ogni pagina o articolo focalizzato ha molte più probabilità di essere riconosciuto da Google o da un motore AI come la risposta perfetta per quella specifica domanda.

In pratica: non basta dire “facciamo tutto”, serve dimostrare di essere la risposta giusta per ogni esigenza.
Più i tuoi contenuti vanno dritti al punto, più diventano utili sia per gli utenti umani che per le intelligenze artificiali che scansionano il web per trovare le risposte migliori.

3. Scrivi in modo semplice e chiaro (niente fluff): La tentazione di riempire la pagina di parole chiave o giri di parole appartiene al passato. Oggi paga la chiarezza assoluta. Le AI (così come gli utenti) preferiscono contenuti diretti, che vanno subito al sodo. Frasi brevi, niente gergo inutile (a meno che il tuo pubblico lo richieda), struttura logica. Pensa che un algoritmo di AI deve “capire” rapidamente cosa stai dicendo: se nel tuo testo trova la domanda dell’utente e subito dopo una risposta ben formattata, avrai più probabilità che quell’estratto venga usato. Evita introduzioni troppo lunghe prima di arrivare al punto: online l’attenzione è poca, e questo vale sia per le persone sia per i robot. Un trucco utile è utilizzare formati Q&A nelle tue pagine: ad esempio, includere domande frequenti (FAQ) con le loro risposte concise. Questo non solo è utile ai lettori, ma permette a Google di estrarre direttamente il Q&A e spesso di mostrarlo come snippet. Inoltre, aggiungendo uno schema markup FAQ nel codice (i dati strutturati), segnali ai motori di capire meglio le tue domande e risposte (leggi questo su Seo e AEO seo.com).

4. Sfrutta i dati strutturati e gli snippet: Collegato al punto precedente, i dati strutturati (Schema.org) sono tuoi amici. Implementa markup per i FAQ, per le ricette, per le how-to guide, per gli articoli ecc., a seconda del tuo contenuto. Questo aiuta Google a comprendere la semantica della tua pagina e spesso a creare i cosiddetti rich snippet (risultati arricchiti). Ad esempio, con lo schema FAQ potresti comparire in SERP con le domandine espandibili; con lo schema HowTo, un tutorial può apparire con step direttamente visibili. Oltre a migliorare la visibilità su Google, questi markup rendono il tuo contenuto più accessibile alle AI, perché ne delineano chiaramente la struttura. Pensa ai dati strutturati come a etichette che dici ai motori “ecco la risposta a questa domanda, prendila pure”. Un caso concreto: se hai un e-commerce, usare schema Product e Review fa sì che Google sappia esattamente nome, prezzo, valutazione del prodotto – informazioni che un assistente vocale o un chatbot potrebbero riferire all’utente direttamente nelle risposte.

5. Cura l’autorevolezza e la reputazione online: Le AI attuali, nel decidere quali fonti usare, tendono a dare peso all’autorevolezza. Google ha da anni il concetto di E-E-A-T (Experience, Expertise, Authoritativeness, Trustworthiness) e possiamo aspettarci che utilizzi questi criteri anche nell’AI. In pratica: se il tuo sito è noto per un certo argomento, ha backlink di qualità, è citato da altri siti affidabili, allora le probabilità che l’AI “si fidi” del tuo contenuto aumentano. Per questo continua a lavorare di PR digitale, crea contenuti che guadagnino backlink naturali, interagisci su community, ottieni menzioni su testate di settore. Allo stesso modo, gestisci bene la tua presenza locale e le recensioni se sei un business fisico: i motori di risposta potrebbero leggere direttamente le valutazioni e citarti come “uno dei migliori con 4,5 stelle su Google”. Non è un caso che la AEO includa anche l’ottimizzazione delle schede locali, delle recensioni e dei profili social: tutto ciò costruisce quell’ecosistema di credibilità che fa sì che il tuo brand emerga come raccomandabile per determinate query.

6. Monitora e adatta la strategia SEO-AEO: Come ultimo consiglio, tieni d’occhio i tuoi risultati sia nella ricerca tradizionale sia nei nuovi sistemi AI. Controlla le tue posizioni SEO con i soliti strumenti, ma prova anche a usare ChatGPT (magari con plugin di browsing) o Bing Chat per domande chiave del tuo settore: vedi se e quali fonti cita. Ci sono già strumenti che iniziano a monitorare la presenza nei motori di risposta (citazioni, menzioni), ma puoi iniziare anche manualmente. Se noti che i tuoi concorrenti vengono citati dall’AI e tu no, studia cosa fanno loro: hanno per caso contenuti più specifici? Hanno risposto a domande che tu ignori? Hanno un formato particolare (tipo liste, tabelle, infografiche) che viene riutilizzato? Usa queste informazioni per migliorare ulteriormente i tuoi contenuti. La SEO in chiave AI è un terreno nuovo: chi sperimenta e si adatta più velocemente ottiene un vantaggio competitivo.

In definitiva, una SEO efficace oggi significa unire i puntini tra ottimizzazione tradizionale (per Google, Bing e co.) e ottimizzazione per le AI. Più che due mondi separati, sono due facce della stessa medaglia: se sei ben visibile su Google, avrai un piede nella porta anche con ChatGPT e simili. Poi, facendo quel passo in più – formattando le informazioni come risposte concise, aggiungendo markup, e via dicendo – aprirai completamente la porta delle nuove opportunità offerte dall’intelligenza artificiale.

Creati un sito web stracolmo di contenuti, perché Fa solo bene a te e al tuo posizionamento sui motori!

La SEO non è morta, si è evoluta. E Google mostra risultati diversi solo per migliorare l’esperienza utente.

Ogni evoluzione della ricerca – dalla personalizzazione ai chatbot AI – può spaventare chi si occupa di SEO. È normale chiedersi se tutto il lavoro fatto finora diventi inutile. Ma la realtà è che la SEO è viva e vegeta, semplicemente si evolve assieme ai motori di ricerca. Google che personalizza i risultati non è un nemico, anzi: significa che vuole dare agli utenti ciò che davvero cercano. Se tu ti assicuri di essere quella risposta che cercano, Google (personalizzazione o no) ti premierà. Allo stesso modo, i motori di risposta AI non vogliono “far scomparire” i contenuti web, ma sfruttarli nel modo migliore per servire l’utente. Sta a noi creare contenuti talmente utili, chiari e autorevoli che diventino la materia prima da cui attingeranno queste intelligenze artificiali.

In questo momento storico, fare SEO vuol dire essere agili: tenere d’occhio i cambiamenti, capire come le AI selezionano le informazioni, e aggiustare il tiro di conseguenza. Chi rimane ancorato alle vecchie abitudini (“basta infarcire di keyword e sono a posto”) rischia di perdere terreno. Chi invece abbraccia il cambiamento – focalizzandosi sull’intento dell’utente, sulla qualità e sulla versatilità dei propri contenuti – scoprirà che ci sono ancora più opportunità di farsi trovare rispetto a prima.

In conclusione, non lasciare che personalizzazione o AI ti spaventino: sono solo nuove sfide da affrontare con astuzia e lungimiranza. La SEO conta ancora eccome, perché è il ponte che collega le domande delle persone con le tue risposte – sia che a fare da tramite sia una pagina di Google personalizzata, sia che sia un assistente intelligente a voce o un chat bot avanzato. Continua quindi a ottimizzare, imparare e migliorare: il panorama digitale cambia, ma la tua capacità di adattarti può renderti sempre visibile in cima, qualunque sia lo strumento che il tuo pubblico utilizza per cercare. In un mondo di risultati su misura e risposte AI, fatti trovare pronto – e la tua presenza online non potrà che beneficiarne!

Quindi se hai capito che avere un sito web è fondamentale oggi, proprio perché Google mostra risultati diversi, e stai cercando qualcuno per la realizzazione del sito web professionale puoi contare su di me e sulla mia squadra.

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