SMART WORKING – La trappola nascosta

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Ho lavorato 8 anni in modalità remota, oggi definita “smart working“.

Oggi da titolare e amministratore di 2 agenzie di marketing con molti dipendenti quello che non auguro ai miei ragazzi e di chiedermi lo Smart Working. Il mondo ha scoperto la parola “Smart Working” solo nell’era del COVID dove per motivi giornalistici faceva FIGO la parola SMART.

Io ho lavorato 8 anni in “smart working”. E devo dire che all’inizio in effetti è figo!

Parti dal sentire quella sensazione che “nessuno ti controlla” e già qui nasce un problema oggettivo, se un lavoratore teme il controllo significa che sta lavorando in difetto.

Se sei un dipendente, tu lavori in questo ordine:

  1. Lavori prima per te, per vivere e guadagnare denaro;
  2. Lavori prima per la tua sicurezza economica;
  3. Lavori all’interno di un’organizzazione e di conseguenza hai delle responsabilità oggettive.

Non lavori mai per il titolare. Non sei uno schiavo che lavora a gratis e gli altri guadagnano sulle tue fatiche.

Siamo la vittima, il carnefice, il benefattore o l’eroe della nostra mentalità in base ai risultati che un’organizzazione lavorativa richiede.

La trappola dello smart working si nasconde nei meandri del cervello per colpa di una percezione ed illusione che alterano lo spazio-tempo.

Ho cresciuto Gregory in casa mia, mia moglie post parto era a casa con noi e mentre si occupava della casa io avevo uno spettatore interessato al mio lavoro: Gregory. Mio figlio.

Un bambino meraviglioso che non dava mai noie, anzi rideva, era esattamente alla mia destra “a distanza di bacetto”. Fra un sito web e l’altro, fra un centinaio di righe di codice e l’altro scattava il bacetto.

Mi sembrava un miracolo poter crescere mio figlio cosi.

Andavo al mare a fare pesca subacquea la mattina presto, oppure “a pausa pranzo”, oppure nel pomeriggio…tanto recupero più tardi.

“…tanto recupero più tardi”.

Ho cominciato a capire la trappola dietro questa frase solo qualche anno dopo.

Quando mi sono accorto che da un punto di vista fisico ero sempre molto rigido, quando iniziavo ad essere più scontroso del solito, ero molto spesso gonfio e con una stanchezza perenne addosso.

Chiamate Skype, a tutte le ore, la figlia dell’inquilino che piange, il rumore della lavatrice, i lavori del condomino…

Un giorno Italo Cillo su skype mi disse:

“Andrea tu sei un super eroe! Se penso a quante cose fai per noi e se penso al contesto in cui lo fai, per me sei un super eroe”.

Mi fermai alle parole “super eroe” e ridevo, ma non avevo davvero intuito il suo punto di vista. Crescendo mi rimase in mente quella frase.

  • ➡️ Lavorare da casa, in smart working, danneggia le relazioni con gli altri.
  • ➡️ Lavorare da casa, in smart working, riduce la possibilità di confronto.
  • ➡️ Lavorare da casa, in smart working, aumenta la permalosità del lavoratore.
  • ➡️ Lavorare da casa, in smart working, significa essere sottoposti ad ancoraggi mentali che poi trasferisci nel modo di lavorare.
  • ➡️ Lavorare da casa, in smart working, significa che “non arriva mai il momento di andare a casa”.
  • ➡️ Lavorare da casa, in smart working, significa lavorare in pigiama l’80% dei giorni. Non è una buona cosa.
  • ➡️ Lavorare da casa, in smart working, significa ancorare il lavoro nel luogo in cui dovresti decomprimere dalle normali pressioni lavorative.
  • ➡️ Lavorare da casa, in smart working, significa perdere produttività per colpa di eventi esterni non a te direttamente pertinenti, la fidanzata, la moglie, la compagna.

Quando ero in smart working lavoravo molto spesso fino a notte fonda “perché lo faccio più tardi” e la dead-line era per l’indomani mattina.

Questo vizio di forma penalizzava la qualità del sonno che mi rendeva un vegetale stanco, uno zombie alla ricerca dell’ennesimo caffè al mattino seguente, che scaturiva una fame nervosa, rigidità muscolare, irritabilità, ecc. .

👩🏻‍💻 Per le donne? Il discorso cambia… e molto spesso in peggio.

La donna di sua natura ha l’attitudine al multitasking, diciamocelo chiaro.

😅 L’uomo ha 1 neurone e cerca di farlo funzionare bene quando ce la mette tutta.

Una donna in smart working vive con “mentre aspetto….”

  • – metto il bucato nella lavatrice
  • – controllo se il bambino ha fatto la cacca e gli cambio il pannolino, metto a bollire l’acqua.
  • – ecc..

Deve essere veramente “smart”…..il lavoro. Ma se manca FOCUS non è un affatto smart!!

Lavorare in smart working, dal mio punto di vista:

  • 👍🏻 deve essere un’opportunità tascabile da usare in caso di necessità operative aziendali o del dipendente.
  • 👍🏻 deve essere una possibilità di responsabilità.
  • 👍🏻 deve essere possibile solo se ci sono degli obiettivi definiti da raggiungere.

⚠️ Lavorare in smart working in modo produttivo significa essere o pentare estremamente disciplinati, responsabilizzarsi, imparare a focalizzarsi anche quando si avvicina tuo figlio con un giochino e ti sorride.

Il primo periodo è figo, poi penta una trappola di vita.

Essere “uscito” dallo smart working è stata per me la scelta “smart” per creare un ambiente di lavoro sano, pertente e produttivo, dove le abitudini sbagliate vengono accettate, analizzate e risolte per il bene primario: salvaguardare i risultati della tua produttività –> che si riflettono sui risultati dell’azienda –> che si riflettono sulla quella serenità economica tanto ricercata –> che si riflette sulla qualità di vita.

Il segreto è la collaborazione sinergica fra le persone e le attività, dove puoi controllare i processi e non le persone, dove non devi rompere il cazzo al collaboratore se per un attimo si vede il suo whatsapp.

Personalmente ritengo, sulla base della mia esperienza di 8 anni, che lavorare in smart working, significa mettere un lavoratore in condizione di ancorarsi tutto il giorno al lavoro, metterlo in una condizione di perenne tensione mentale perché si ritroverà a vedere e rivedere “il suo posto di lavoro” tutto il giorno.

Io credo in un’azienda “rifugio” dove apri la tua parte creativa e ti perti a lavorare in un processo organizzativo responsabile e ben definito. Non mi piace l’idea di avere dei dipendenti che si sentono schiavi di un lavoro.

Se lavoriamo per il maggior numero di tempo della vita questo tempo deve essere piacevole e produttivo, deve far migliorare le persone attraverso le attività che conducono e i risultati che producono.

Io la penso così. 😎

Andrea

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